Le comunità energetiche e la nascita di nuovi sistemi socio-energetici

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Le comunità energetiche e la nascita di nuovi sistemi socio-energetici

13 Marzo 2019 Articoli comunità energetiche comunità energetiche locali sociologia dell'energia transizione energetica 0

Le questioni tecnologiche rappresentano solo una parte della discussione sull’energia. Il progressivo coinvolgimento delle comunità locali nella proprietà, nel processo decisionale e nell’organizzazione degli impianti di produzione di energia fa intravedere la nascita di un nuovo sistema socio-energetico basato sulla generazione distribuita da rinnovabili.

L’energia è dunque un ambito che pone sempre più spesso questioni di carattere sociale.

La sociologa Natalia Magnani rilevava, proprio in una nostra intervista su QualEnergia.it, il problema dell’accettabilità sociale delle rinnovabili, chiarendo che la loro pianificazione non dovrebbe più mirare all’accettazione di una tecnologia da parte delle comunità locali, quanto piuttosto a verificare la sua adeguatezza rispetto a un territorio inteso come comunità.

A livello europeo, l’evoluzione normativa in materia di energia è sempre più volta alla promozione di nuove modalità di sviluppo, efficienza e impiego delle rinnovabili. Per questo particolare attenzione è dedicata ad incrementare iniziative di produzione e consumo a livello locale.

In un articolo di recente pubblicazione dal titolo Community energy enterprises in the distributed energy geography: A review of issues and potential approaches” (allegato in basso), Luca Tricarico, dottore di ricerca in Urban Planning, Design and Policy al Politecnico di Milano e ricercatore della fondazione Nesta Italia, fa un ulteriore passo nel percorso di coinvolgimento delle comunità nella produzione di energia.

Basandosi su best practices e casi di studio del mondo anglosassone, Tricarico suggerisce la possibilità di adottare le Imprese Energetiche di Comunità (Community Energy Enterprises) come uno specifico modello organizzativo per migliorare la diffusione dell’energia distribuita, promuovendo nuovi approcci per i sistemi energetici basati sulla comunità.

Perché è così importante il coinvolgimento delle comunità nella transizione verso la generazione distribuita di energia?

«Le nuove tecnologie per la produzione distribuita di energia stanno raggiungendo un livello di maturità che lascia presagire un ampio sviluppo di iniziative dal basso nella costituzione di “sistemi energetici locali”, formule che giocano un ruolo cruciale nella ridiscussione dell’intero sistema infrastrutturale e del mercato dell’energia. Se questo tema è ampiamente trattato dal punto di vista tecnologico e ingegneristico, il dibattito sulle caratteristiche delle organizzazioni che dovranno guidare le iniziative locali è appena iniziato».

A quale modello ci si potrà ispirare?

«Per la natura di queste operazioni e per la capacità dimostrata in altri settori, quello delle imprese sociali a matrice comunitaria sembra essere un modello ampiamente valido per sostenere il potenziale di questa transizione. La nascita di queste imprese sociali è infatti possibile grazie a uno stretto legame con il territorio: le risorse e gli esiti delle attività prodotte si basano su una rete di attori locali. Il caso studio di Banister House Solar descritto nella ricerca è rappresentativo di progetti accomunati da un percorso di costruzione di trame di relazioni e asset territoriali essenziali al loro sviluppo. Il punto critico è rappresentato dagli aspetti normativi e regolatori relativi al “grande” mercato energetico, un ecosistema normativo basato su operatori, produzioni e reti centralizzate che poco si presta alle particolari esigenze delle iniziative locali».

QualEnergia.it ha riportato il caso dell’isola greca di Sifnos dove, con un progetto energetico ibrido dal basso, la Sifnos Island Cooperative è riuscita a modificare i quadri giuridici nazionali. Possiamo definire quello di Sifnos un caso di impresa di comunità?

«Sicuramente dal punto di vista tecnologico e organizzativo le soluzioni che troviamo in territori remoti come le isole richiamano in modo rilevante l’importanza di organizzazioni come le imprese di comunità. Da un punto di vista tecnologico, l’aspetto interessante delle energy communities è la tendenza a creare network locali non gerarchici, ma comunque competitivi con il grande mercato energetico. L’aumento dell’autonomia e della possibilità di scelta in termini di soluzioni più adatte alle esigenze locali generano la prevedibile riduzione dei costi per i consumatori finali. L’energia auto-consumata dai sistemi locali, inoltre, non è più trasportata tramite una rete pubblica di trasmissione e distribuzione, comportando così una riduzione delle perdite del sistema complessivo».

E da un punto di vista organizzativo?

«Qui l’aspetto più interessante è il tema della proprietà dei mezzi di produzione e degli spazi in cui questi si trovano: divisi tra i membri della cooperativa, organizzazioni terze e amministrazioni locali, tramite uno scambio di risorse utile alla costruzione di una sostenibilità economica e sociale. Una formula di proprietà degli impianti e del suo sistema di distribuzione che vede come condizione di successo la nascita di “patti di collaborazione” che giovano alla comunità in senso allargato e non solo relativo a quella partecipe all’impresa».

Il progetto inglese della Banister House Solar prevede di coprire i tetti di 14 edifici con pannelli solari per una potenza di quasi 102 kW. Come si differenzia questo progetto da quello di Sifnos?

«Nel caso della Banister House Solar si è trattato di un processo duplice. Da un lato la creazione di un’impresa sociale, basata su una campagna di crowdfunding che ha visto protagonisti in qualità di project manager Repowering London, un’organizzazione londinese che promuove progetti di community energy in stretta collaborazione con un’organizzazione locale, Hackney Energy, che ha contribuito alla mobilitazione della comunità locale con il suo patrimonio di conoscenza del territorio. Dall’altro lato, un patto di collaborazione con il borgo londinese di Hackney e con l’ente gestore del patrimonio di housing pubblico, con l’obiettivo di creare un’impresa sostenibile rispetto alle esigenze della comunità locale e che producesse benefici distribuiti».

Come si colloca un’impresa di comunità nel panorama normativo italiano? La Banister House Solar è anche B Corporation (Società Benefit) una forma giuridica esistente in Italia, ma poco praticata.

«Dal punto di vista delle norme italiane che regolano il campo d’azione delle imprese di comunità è evidente come la mancanza di un efficace recinto, ex-lege, in cui inquadrarne le attività allontani la possibilità di impostare un quadro di policy nazionale utile ad affermare il loro ruolo come attori chiave nei processi di diffusione: non risulta chiara la definizione dei servizi e degli obiettivi che si identificano di interesse generale e non è ben definita la presenza di strumenti che garantiscano ad organizzazioni identificabili come imprese di comunità le agevolazioni utili a promuoverne un’azione coordinata. Dal punto di vista delle misure di promozione di sistemi energetici locali, nonostante il potenziale di diffusione del mercato italiano, come evidenziato da una ricerca del Politecnico di Milano già quattro anni fa, la definizione normativa delle organizzazioni capaci di proporre veri e propri sistemi energetici locali considera modalità come i Sistemi Efficienti di Utenza e le Reti Interne di Utenza, di difficile applicazione a causa dei vincoli temporali di entrata in esercizio. Le misure di promozione si focalizzano inoltre sull’incentivazioni di soluzioni tecnologiche singole, come Titoli di Efficienza Energetica, Conto Energia o Conto Termico, trascurando di introdurre particolari misure su aggregazioni di tecnologie e utenti».

Un recente approfondimento sull’evoluzione del crowdfunding ci dice che il crowdfunding energetico nasce come risposta all’esigenza del coinvolgimento del cittadino nel settore energetico, proponendo inizialmente investimenti in progetti di comunità promossi dal basso.

I dati dello studio però mostrano come il settore si stia progressivamente differenziando, includendo tra i promotori di progetti non solo comunità energetiche locali, ma anche soggetti più istituzionali: al dicembre 2017 più del 92% dei progetti sono stati proposti da aziende e solo il 5% da iniziative di comunità.

Come valuta questa tendenza? Si tratta di uno spostamento verso un approccio capitalistico e meno comunitario, di una contaminazione positiva delle imprese rispetto alla opportunità di coinvolgere i cittadini nei loro progetti energetici o, più semplicemente, di una scelta opportunistica?

«Il crowdfunding è uno strumento e come tale va considerato. Se accompagnato da politiche utili a migliorarne la portata e l’accessibilità come strumento utilizzabile da tutti ha sicuramente un potenziale di “democratizzazione” del mercato energetico e tecnologico. La teoria dell’innovazione mainstream suggerisce che crescita economica e innovazione tecnologica sono strettamente intrecciate e che il progresso tecnologico provoca nuove traiettorie di sviluppo industriale e tecnologie dirompenti che contribuiscono alla creazione di nuove opportunità di mercato. L’introduzione di strumenti come il crowdfunding può guidare le comunità locali a penetrare mercati abitati solitamente da grandi player. Si tratta di un dato positivo perché arricchisce in senso plurale un mercato una volta considerato molto uniformato alle infrastrutture dominanti e di difficile innovazione “sociale” ».

Un discorso che può essere allargato anche ad altri strumenti e iniziative?

«Queste considerazioni sono valide anche per tanti altri settori di attività che giovano della platform economy, del digitale e delle emerging tech come blockchain e intelligenza artificiale: un campo di azione totalmente nuovo per le organizzazioni basate sulla comunità, con opportunità e minacce da valutare. Se ci concentriamo sugli aspetti positivi dell’innovazione notiamo come diversi strumenti digitali, in campo energetico ma non solo, possono promuovere la disintermediazione, favorendo la nascita di nuove imprese specializzate in filiere innovative in grado di ridurre i costi di distanza e di transazione del mercato energetico».

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