100% rinnovabili tagliando tutti i costi del 91%: come si può fare in 143 Paesi
Il passaggio a forme di energia pulita e rinnovabile potrebbe ridurre il fabbisogno energetico mondiale del 57%, creare 28,6 milioni di posti di lavoro in più rispetto a quelli persi, rinunciando alle fonti fossili, e ridurre i costi energetici, sanitari e climatici del 91% rispetto allo status quo.
Questi, in estrema sintesi, i risultati dell’analisi aggiornata che alcuni ricercatori hanno fatto sui passi che 143 paesi di tutto il mondo, Italia compresa, potrebbero compiere per raggiungere il 100% di energia rinnovabile entro il 2050 e i benefici che si potrebbero ottenere.
Dieci anni dopo il loro primo piano per l’energia eolica, solare e idroelettrica, Mark Z. Jacobson dell’Università di Stanford e il suo gruppo hanno pubblicato una nuova mappa con relative tabelle di marcia sulla rivista One Earth (link in basso).
Con tale aggiornamento, si consolida così un corpo di studi che ha fatto da base per la parte energetica del Green New Deal degli Stati Uniti, oltre che di altri impegni di Stati, città e imprese di tutto il mondo per raggiungere il 100% di energia rinnovabile.
Jacobson e il suo team hanno individuato soluzioni per reti elettriche stabili e a basso costo in 24 regioni del mondo che comprendono appunto i 143 paesi.
“Ci sono molti paesi che si sono impegnati a fare qualcosa per contrastare il crescente impatto del surriscaldamento globale, ma non sanno esattamente cosa fare ancora “, ha detto Jacobson, professore di ingegneria civile e ambientale a Stanford e co-fondatore del Solutions Project, un’organizzazione no-profit statunitense che educa il pubblico e i politici sulla transizione verso il 100% di energie rinnovabili.
Avevamo intervistato Jacobson lo scorso ottobre sui suoi scenari 100% rinnovabili (Il mondo al 100% rinnovabili di Mark Jacobson).
“Come si può fare? Ad essere onesti, molti politici e sostenitori del Green New Deal non hanno un’idea di dettaglio sul sistema attuale o dell’impatto di una transizione. È più un concetto astratto. Stiamo cercando quindi di quantificare e definire un possibile sistema. Questo tipo di lavoro può aiutare a riempire le lacune e a fare da guida”, ha detto Jacobson a Science Daily.
Le tabelle di marcia prevedono l’elettrificazione di tutti i settori energetici e l’aumento dell’efficienza energetica, con conseguente riduzione del consumo di energia e lo sviluppo di infrastrutture eoliche, idro e fotovoltaiche in grado di fornire l’80% di tutta l’energia entro il 2030 e il 100% entro il 2050.
La modellazione dei ricercatori suggerisce che l’efficienza dei veicoli elettrici e delle celle a combustibile a idrogeno rispetto ai veicoli a combustibile fossile, l’efficienza dell’industria elettrificata rispetto all’industria fossile e delle pompe di calore elettriche rispetto al riscaldamento e al raffreddamento da combustibili fossili, insieme all’eliminazione dell’energia necessaria per l’estrazione, il trasporto e la raffinazione dei combustibili fossili, potrebbe ridurre sostanzialmente l’uso complessivo di energia.
Il passaggio al vento, all’acqua e al sole richiederebbe investimenti iniziali di 73.000 miliardi di dollari in tutto il mondo, che si ripagherebbero nel tempo con le vendite di energia. Inoltre, secondo i ricercatori, l’energia rinnovabile è più economica da generare nel tempo rispetto a quella fossile, e ciò ridurrebbe significativamente i costi energetici annuali, oltre che quelli relativi all’inquinamento atmosferico e al suo impatto sulla salute.
Un aspetto interessante è che la potenza rinnovabile necessaria per soddisfare il 100% dei consumi occuperebbe appena lo 0,17% della superficie totale netta dei 143 Paesi e solo lo 0,48% della loro superficie totale lorda, tenendo cioè conto della corretta spaziatura, ad esempio, tra le turbine eoliche e i moduli FV.
Nell’illustrazione, si visualizzano tali proporzioni, dove “WWA” sta per “Water, Wind and Sun,” cioè idroelettrico, eolico e solare.
“Elettrificando tutto con energia pulita e rinnovabile, riduciamo la domanda di energia elettrica di circa il 57%”, ha detto Jacobson.
“Il costo che la gente pagherebbe complessivamente per l’energia è inferiore del 61%. E questo prima di calcolare i costi sociali e tenere conto dei soldi che risparmieremmo attenuando i danni alla salute e al clima. Ecco perché il Green New Deal è un buon affare. Si riducono i costi energetici del 60% e i costi sociali del 91%“.
Come tutti i modelli, anche quello usato dai ricercatori di Stanford deve convivere con delle incertezze. Ci sono incoerenze tra i set di dati sulla domanda e l’offerta di energia, e i risultati dipendono dalla capacità di prevedere i consumi energetici futuri.
Il modello presuppone anche la perfetta trasmissione dell’energia dai luoghi di produzione a quelli di consumo, senza strozzature e senza perdite lungo le linee elettriche. Anche se questo nella realtà non succede mai, molte delle valutazioni sono state fatte su paesi con reti abbastanza piccole, dove le perdite sono trascurabili.
Secondo Jacobson, anche i paesi più grandi, come gli Stati Uniti, possono essere suddivisi in reti più piccole per far sì che le imperfezioni nella trasmissione siano meno rilevanti.
I ricercatori hanno inoltre preso atto delle incertezze modellando scenari con costi energetici elevati, medi e bassi, e comprendendo comunque i possibili danni legati all’inquinamento atmosferico e al clima.
Lo studio si è concentrato solo sull’energia eolica, idroelettrica e solare, escludendo deliberatamente l’energia nucleare, il “carbone pulito” e i biocarburanti.
L’atomo è stata escluso perché richiede mediamente 10-19 anni tra la pianificazione e la messa in esercizio, oltre ad avere costi elevati e rischi non risolti legati alla sicurezza, alla proliferazione delle armi, all’estrazione mineraria e al trattamento delle scorie.
Il “carbone pulito” e i biocarburanti sono stati inclusi perché entrambi causano un pesante inquinamento dell’aria ed emettono comunque oltre 50 volte più carbonio per unità di energia rispetto al vento, all’acqua o all’energia solare.
Una preoccupazione spesso sollevata circa l’energia eolica e solare è che non assicurano forniture affidabili di energia, a causa della loro natura intermittente e non prevedibile.
Lo studio affronta la questione in 24 regioni del mondo e rileva che la domanda può essere soddisfatta anche tramite un approvvigionamento intermittente, grazie allo storage.
Jacobson e la sua squadra hanno infatti determinato che l’elettrificazione di tutti i settori energetici renderebbe in realtà più flessibile la domanda di energia. Una domanda flessibile è una domanda che non deve essere soddisfatta immediatamente. Per esempio, una batteria di un’auto elettrica può essere caricata e fare a sua volta da caricatore a qualsiasi ora del giorno o della notte o uno scaldabagno elettrico a pompa di calore può riscaldare l’acqua a qualsiasi ora del giorno o della notte.
Secondo lo studio, poiché l’elettrificazione di tutti i settori energetici crea una domanda più flessibile, far corrispondere la domanda con l’offerta e lo stoccaggio diventa più facile in un mondo basato sulle rinnovabili.
Jacobson ha osservato comunque che le tabelle di marcia offerte in questo studio non sono le uniche possibili e rimanda al lavoro svolto da altri 11 gruppi che hanno trovato altre strade percorribili per completare la transizione verso il 100% di energia rinnovabile.
“Vogliamo semplicemente delineare un possibile scenario per 143 Paesi, per dare alle persone la fiducia che sì, la transizione è possibile. Ma ci sono molte soluzioni e molti scenari che potrebbero funzionare. Non si può prevedere esattamente cosa succederà, ma non è che si debba trovare un ago nel pagliaio. Ci sono molti aghi in questo pagliaio,” ha concluso Jacobson.
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