Rinnovabili e autoconsumo sono importanti anche nella direttiva sull’efficienza
La direttiva Ue sull’efficienza energetica, al pari di quella sulle fonti rinnovabili, è a un passo dal diventare legge: manca solo l’ultimo parere formale sul testo da parte del Consiglio, prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
Martedì scorso, 13 novembre, il Parlamento europeo ha votato i due provvedimenti su cui era stato raggiunto un accordo provvisorio a giugno con i rappresentanti degli Stati membri e della Commissione (e lo stesso giorno c’è stato anche il voto sulle regole per la governance dell’Unione dell’energia).
Così dopo aver esaminato i punti essenziali della direttiva sulle rinnovabili – in particolare la spinta all’autoconsumo elettrico collettivo: vedi QualEnergia.it – facciamo altrettanto con le nuove norme in tema di efficienza energetica, con l’aiuto dell’avvocato Emilio Sani, che ha seguito in dettaglio l’evoluzione di entrambe le direttive in questi mesi.
Partendo proprio dall’autoconsumo: nel testo, infatti, spiega Sani, “c’è un collegamento molto netto tra le rinnovabili e l’efficienza, perché una parte dell’energia prodotta negli edifici con le tecnologie pulite potrà essere assimilata agli interventi di efficienza”.
Più in dettaglio, l’art. 7 al comma 4 (f) prevede che fino al 30% dell’energia generata per il proprio uso negli edifici, attraverso l’installazione di nuovi impianti alimentati da risorse rinnovabili, potrà essere esclusa dal computo finale dei risparmi obbligatori per i singoli Stati membri.
La premessa 43 della direttiva, evidenzia poi Sani, parla del contributo delle fonti rinnovabili in campo edilizio per ridurre l’utilizzo complessivo di combustibili fossili: in altre parole, l’energia “verde” auto prodotta diventa essa stessa uno strumento di efficienza, che può aiutare a raggiungere i propri obblighi cumulativi di risparmio energetico.
Conviene allora precisare quali sono gli obiettivi della direttiva.
Il traguardo del 32,5% di efficienza al 2030, prosegue Sani, “è un obiettivo complessivo a livello comunitario e fa riferimento a una baseline del 2007”.
In pratica, spiega l’avvocato, le politiche europee dovranno portare a un consumo di energia primaria di 1.273 Mtoe (milioni di tonnellate equivalenti di petrolio) nel 2030, rispetto alle proiezioni del 2007 che portavano invece a 1.887 Mtoe.
Non ci sono quindi obiettivi vincolanti per i differenti paesi.
A livello di singoli Stati membri, chiarisce poi Sani, “c’è un target obbligatorio annuale, in termini di risparmio energetico cumulativo incrementale”.
Ogni anno, ciascun paese dovrà consumare almeno lo 0,8% di energia in meno rispetto ai dodici mesi precedenti, adottando una serie di possibili misure di efficienza elencate nell’Allegato V della direttiva.
Saranno i singoli governi a designare i soggetti responsabili del raggiungimento di tale obbligo, che potranno essere i distributori e venditori di energia o i distributori e venditori di carburanti (ricordiamo, infatti, che gli Stati membri potranno includere le misure di efficienza per i trasporti nel calcolo del risparmio obbligatorio sui consumi energetici finali).
Un altro punto fondamentale della direttiva EED (Energy Efficiency Directive), aggiunge Sani, è il concetto di “addizionalità” che diventa molto concreto, sostanziale.
La premessa 20 del provvedimento, spiega ancora l’avvocato, “stabilisce che il risparmio energetico debba essere addizionale rispetto allo scenario business as usual”.
Significa, in sintesi, che si dovrà contare unicamente il risparmio energetico “netto”, direttamente attribuibile alle nuove misure di efficienza.
Allo stesso tempo, il concetto lascia una certa flessibilità e non è troppo restrittivo: in sostanza – questa è la logica della direttiva – non è sempre necessario e indispensabile installare una nuova tecnologia che sia la più avanzata disponibile sul mercato (oltre lo standard medio di mercato), l’importante è ottenere una riduzione dei consumi che non si sarebbe raggiunta senza quella particolare misura di efficienza.
Infine, come considerazione di ordine generale, Sani sottolinea che la direttiva stabilisce nella premessa 10 “che l’efficienza energetica è uno strumento di crescita economica, perché può spezzare il legame tra sviluppo economico e consumo energetico” ([…] to break the link between energy consumption and growth nel testo originale).
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