Monopolio o concorrenza? Come sta nascendo il mercato della ricarica per l’auto elettrica in Italia

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Monopolio o concorrenza? Come sta nascendo il mercato della ricarica per l’auto elettrica in Italia

2 Agosto 2018 Articoli auto elettrica Aziende batterie auto elettriche CEI-Cives colonnine di ricarica Enel X gestione reti infrastrutture ricarica Mobilità MOTUS-E Politiche punti di ricarica Veicoli 0

Ricaricare l’auto elettrica diventerà più facile e veloce in Italia?

Per ora, chi vuole fare il pieno di energia alla batteria di un veicolo, deve scontrarsi con una serie di limitazioni, dovute soprattutto alla scarsa diffusione delle colonnine, come abbiamo sperimentato anche noi durante una prova di guida e ricarica in Alto Adige (per approfondire vedi anche QualEnergia.it: Quant’è difficile fare il pieno all’auto elettrica in Italia).

Il piano di Enel X Mobility

Mentre il governo parla nuovamente di possibili incentivi per le vetture a zero emissioni (vedi QualEnergia.it sulle linee programmatiche del ministro dei Trasporti, Danilo Toninelli), Enel X Mobility ha appena siglato un accordo con la Banca Europea per gli Investimenti (BEI) per un finanziamento decennale pari a 115 milioni di euro.

Così la BEI contribuirà all’investimento di Enel X Mobility volto a sviluppare una rete nazionale di punti di ricarica, con l’obiettivo di aggiungere 7.000 colonnine entro il 2020 per poi arrivare a 14.000 nel 2022.

Enel X Mobility è una società controllata di Enel X, il marchio del gruppo Enel specializzato nelle soluzioni digitali innovative in campo energetico.

Le colonnine saranno di tre tipi: Quick di potenza fino a 22 kW destinate alle aree cittadine, Fast e Ultra Fast di potenza, rispettivamente, fino a 50 e 150 kW, installate sulle strade extraurbane per consentire agli automobilisti di ricaricare più velocemente le batterie.

Ci sono poi dei progetti coordinati da Enel e co-finanziati dalla Commissione Europea, ad esempio EVA+ per realizzare 180 stazioni di rifornimento ultra-veloce e multi-standard (previste le connessioni CCS Combo 2, CHAdeMO e AC) sulle autostrade italiane nei prossimi tre anni.

Le critiche

L’annuncio di Enel X Mobility ha innescato un dibattito, con risvolti anche polemici, sul futuro della mobilità 100% elettrica nel nostro paese, per quanto riguarda il controllo delle tecnologie e l’applicazione delle tariffe per utilizzare i servizi di ricarica.

Tutto è partito da un intervento su Equologia (vedi qui il testo completo) di Fabio Roggiolani, cofondatore di Ecofuturo Festival e membro del Coordinamento FREE, in cui sostanzialmente paventa la possibile costituzione di un monopolio “di fatto” di Enel nella gestione dei punti di rifornimento per le auto alimentate dalle batterie.

Roggiolani, sentito da QualEnergia.it, conferma i suoi timori: “La notizia del piano di Enel X è positiva, ma se non si svilupperà un mercato equilibrato, ci sarà il rischio di un monopolio oggettivo”.

In particolare, Roggiolani teme che si pagherà un costo eccessivo per le ricariche veloci, “nell’ordine di 40-50 centesimi di euro per kWh“.

Tra le sue proposte, allora, c’è quella di mantenere sotto controllo il prezzo di mercato per il prelievo di energia dalle colonnine (il compito, chiarisce Roggiolani, potrebbe essere affidato alle autorità competenti, come l’Antitrust o l’Arera), oltre a prevedere spazi adeguati nelle stazioni di ricarica per gli operatori che vorranno aggiungersi in un secondo momento.

Il concetto che preme a Roggiolani, in sintesi, è “la pubblica utilità delle infrastrutture di ricarica veloce” senza dimenticare la necessità di “liberalizzare” (noi abbiamo inteso come facilitare/promuovere), l’installazione di colonnine private nelle abitazioni, liberandole da una serie di “lacci e lacciuoli” di natura tecnica e burocratica (un punto su cui torneremo più avanti).

Che tipo di mercato sta nascendo?

Abbiamo esposto le perplessità di Roggiolani a Dino Marcozzi, segretario generale di MOTUS-E, l’associazione italiana che promuove la mobilità elettrica di cui è socio anche Enel X.

“L’azione degli operatori che stanno cercando di coprire il territorio nazionale con una rete di ricarica capillare”, spiega Marcozzi, “può trascinare un mercato, quello delle colonnine a uso pubblico, che è ancora in fase embrionale”.

Inoltre, chiarisce Marcozzi, “oggi chi investe nelle infrastrutture di ricarica rischia di rimetterci, perché mancano i volumi di auto elettriche in circolazione, senza le quali è molto più difficile ripagare gli investimenti e ottenere dei margini di guadagno”.

Ci sono, e quali, altre società che si stanno facendo concorrenza? C’è davvero il rischio di un futuro monopolio de facto di Enel?

Come chiarisce Francesco Naso, responsabile del coordinamento tecnico di MOTUS-E, “non è un mondo chiuso”, perché la stessa normativa europea (la direttiva DAFI) prevede l’obbligo di rendere accessibili le colonnine ai fornitori di servizi di mobilità (MPS, Mobility Service Provider), che facciano richiesta all’operatore che gestisce il punto di ricarica (CPO, Charging Point Operator).

Le società interessate a investire nel settore, prosegue Naso, “possono stringere diversi accordi con i Comuni, dai protocolli d’intesa per l’utilizzo di suolo pubblico su cui installare le colonnine (a totale carico delle aziende), alle gare pubbliche per lo sviluppo delle stazioni. Peraltro, gli accordi non sono esclusivi e hanno una durata limitata nel tempo”.

L’associazione, precisa Naso, “sta cercando di uniformare a livello nazionale le procedure: ciò consentirà agli operatori di partecipare alle gare o di presentare i protocolli d’intesa agli enti locali senza particolarismi, oltre a facilitare la piena compatibilità fra le colonnine di gestori differenti”.

A2A, Alperia, Be Charge sono altre aziende associate a MOTUS-E che stanno sviluppando reti territoriali per il rifornimento dell’auto elettrica, ad esempio in Lombardia (A2A) e Alto Adige (Alperia).

Per quanto riguarda le tariffe, aggiunge poi Marcozzi, “stiamo lavorando a una proposta da presentare al ministero dello Sviluppo economico e all’Autorità per l’energia: secondo noi, ad esempio, bisogna ridurre il peso degli oneri di sistema sull’elettricità prelevata per ricaricare un veicolo”.

Come ricaricare l’auto da casa

Per favorire, invece, l’installazione di prese di ricarica nelle abitazioni, le cosiddette wallbox, termina Marcozzi, l’associazione “sta pensando a delle soluzioni per gestire in modo più economico il POD (Point of Delivery, cioè il punto fisico in cui è consegnata l’energia elettrica, ndr) nei garage e nei posti auto privati, che in molti casi è soggetto alla tariffa altri usi, molto più onerosa rispetto a quella domestica”.

L’importanza delle colonnine domestiche, infine, è sottolineata da Pietro Menga, presidente di CEI-Cives, la commissione speciale del Comitato Elettrotecnico Italiano per lo sviluppo della mobilità elettrica.

Secondo Menga, sentito da QualEnergia.it, si parla troppo di colonnine pubbliche veloci, mentre “la ricarica domestica è un argomento molto trascurato”, con il paradosso che in Italia il 60% delle vetture non è parcheggiato in strada ma in qualche box privato o posto condominiale.

Tuttavia, rimarca il presidente di CEI-Cives, installare una wallbox a casa è tutt’altro che semplice, per gli stessi freni tecnico-economici citati da Marcozzi, tra cui la complessità delle norme di sicurezza antincendio, la necessità di eseguire, in molti casi, dei lavori piuttosto invasivi per i cablaggi, i maggiori costi connessi alla tariffa altri usi e così via.

Mentre la ricarica privata con la tariffa domestica sarebbe la soluzione in assoluto più economica, per rifornire la batteria del proprio veicolo elettrico, utilizzando le colonnine veloci solo per i viaggi lunghi.

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