Il mondo al 100% rinnovabili di Mark Jacobson

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Il mondo al 100% rinnovabili di Mark Jacobson

7 Ottobre 2019 100% rinnovabili Articoli Mark Z. Jacobson transizione energetica 0

Diciamoci la verità: poche cose sono deprimenti quanto il tema del cambiamento climatico, con quella sequela di disastri attuali, minacce future e speranze frustrate dai fatti.

Servirebbe un attivista climatico che sprizzi ottimismo e faccia un po’ da contrappeso alla “Savonarola climatica” Greta Thunberg.

Bene ne abbiamo uno, ed è venuto il 6 ottobre in Italia,  al Festival Bergamo Scienza, a farci conoscere la sua rincuorante visione del problema: si tratta di Mark Z. Jacobson, 54enne ingegnere ambientale della Stanford University, che in questi ultimi anni si è fatto notare per aver redatto studi in cui mostra come passare a un’economia alimentata al 100% da energie rinnovabili, non solo sia possibile entro il 2050, ma si possa fare senza grossi sacrifici e migliorando pure Pil, occupazione e salute collettiva.

Dopo aver creato uno scenario per la transizione verde negli Stati Uniti nel 2016, Jacobson nel 2017 l’ha poi esteso a 139 paesi del mondo, Italia compresa, risolvendo, sulla carta, ogni problema climatico.

Troppo bello per essere vero? In effetti nel 2016, un gruppo di ricercatori, diretti dal climatologo Ken Caldeira, della Carnegie Institution for Science, produsse una critica così feroce contro il lavoro di Jacobson, accusato di essere un misto di sogni e gravi errori tecnici, che quest’ultimo reagì citandoli in tribunale per diffamazione.

Dottor Jacobson, i suoi scenari sono spesso accusati di essere troppo semplicistici. Per l’Italia, per esempio, lei prevede al 2050 il 69% dell’elettricità dal sole e il 26% dal vento, contro l’8 e il 5% attuali. Ma noi abbiamo un paesaggio naturale e urbano delicato e spesso protetto, che non possiamo inzeppare di pannelli e turbine…

In realtà basterebbe occupare solo 720 chilometri quadrati di terreno per il solare, oltre quello sui tetti, e 5700 per l’eolico (in totale quasi la superficie del Friuli V.G., ndr), oltre a quello sul mare. Ma spesso le due fonti possono anche occupare lo stesso terreno, mentre, comunque, fra le turbine si può coltivare o pascolare animali. E bisogna anche considerare lo spazio recuperato eliminando raffinerie, pozzi, gasdotti e distributori.

Ma che si fa quando il sole e il vento non sono sufficienti?

Il primo punto da considerare è che i nostri scenari prevedono l’elettrificazione dei trasporti, del riscaldamento, di tante lavorazioni industriali: questo aumenta di molto l’efficienza del sistema e, nel caso italiano, porta a ridurre la domanda di energia del 44%, nel mondo più del 50%. In secondo luogo siete collegati all’Europa da grandi linee elettriche, estensibili al nord Africa: potete quindi importare da chi in quel momento ha più sole e vento di quello che gli serve, e poi ricambiare quando sarete voi ad avere energia in eccesso. Terzo, ci sono varie tecnologie di accumulo: l’elettricità può essere immagazzinata in batterie o producendo idrogeno o pompando acqua in bacini idroelettrici, di cui siete ricchissimi, ma non utilizzate molto a questo scopo. Anche il calore si può accumulare, come fanno in Scandinavia: scaldano d’estate con l’energia solare le rocce sottoterranee, e poi ne estraggono il calore d’inverno.

Ma tutto questo non sarebbe più reso più semplice usando come fonte di elettricità e calore le bioenergie, cioè legno, rifiuti o biometano da fermentazione? Il loro uso potrebbe riempire i “buchi” da sole e vento e anche servire a produrre combustibile per gli aerei di linea, che oggi non hanno alternative sostenibili.

Quando ero bambino ho molto sofferto per l’inquinamento dell’aria a Los Angeles e, a 13 anni, ho deciso di diventare scienziato proprio per eliminarlo. Voglio quindi farla finita con tutte le fonti energetiche basate sulla combustione, comprese le biomasse, che inevitabilmente producono inquinamento. Così salveremo la vita a 4,6 milioni di persone ogni anno nel mondo, di cui 20mila in Italia, e la salute a molte di più. Inoltre le bioenergie spesso competono per il terreno con la produzione di cibo e in molti casi si scopre che, per produrle, emettono tanta CO2 quanto i combustibili fossili. Quanto agli aerei, si tratta di attendere una decina di anni, e poi avremo modelli elettrici o a idrogeno, che risolveranno il problema.

Però non tutto l’esistente potrà essere elettrificato velocemente come spera lei: nel 2040 e forse anche più avanti, ci saranno ancora in giro decine di milioni di camion, aerei e navi a carburanti fossili, se non altro quelli costruiti oggi, che richiederanno decenni per essere ammortizzati.

A parte il fatto che gli Stati potranno spingere al cambiamento con normative sempre più stringenti, come stanno facendo per le auto, appena ci saranno alternative elettriche o a idrogeno, il turnover avverrà molto rapidamente, perché questi nuovi mezzi faranno risparmiare oltre il 50% delle spese per l’energia, e quelli vecchi saranno fuori mercato.

Nel 2016, il punto cruciale dello scontro con Ken Caldeira, fu l’uso del nucleare, che secondo lui, e molti altri, è indispensabile per evitare un disastro climatico.

Secondo le nostre stime il nucleare, considerando tutto il ciclo, dalla miniera di uranio al deposito di scorie, a parità di energia emette da 9 a 37 volte più CO2 dell’eolico, costa da 4 a 5 volte di più e richiede fino a 17 anni per la costruzione di una centrale. Non può aiutarci a salvare il clima.

Immagino allora quello che pensa di quanti, soprattutto industriali, dicono che per la transizione energetica serve il metano, che in fondo è un po’ meglio del carbone.

Siamo seri, il metano è un gas serra 30 volte peggiore della CO2, e le fughe dai giacimenti e gasdotti, come ha scoperto recentemente Robert Howarth della Cornell University, sono la causa dell’aumento di questo gas in atmosfera. Il metano contribuisce a bollire il pianeta, non a salvarlo…

Ma l’energia da rinnovabili non sarà molto più costosa dell’attuale?

Al contrario, ci farà risparmiare. Per fare solo un esempio, è stato appena approvato a Los Angeles il progetto Eland, un impianto fotovoltaico da 800 ettari, per rifornire di elettricità 283mila abitazioni, e dotato di 1.200 MWh di batterie al litio: potrà sostituire una centrale a gas nel coprire il picco serale di domanda, vendendo la sua energia a 30 $/MWh, meno di qualsiasi altra fonte (circa metà del costo all’ingrosso dell’elettricità italiana, ndr). È la dimostrazione che le rinnovabili possono sostituire i combustibili fossili, producendo non solo energia più pulita, ma anche più economica.

Però chiudere la gigantesca industria dei fossili, sicuramente comporterà enormi perdite finanziarie e di posti di lavoro.

La transizione richiederà globalmente circa 4.300 miliardi di dollari l’anno fino al 2050, ma rimanere nella situazione attuale ci costerà molto di più: 80mila miliardi l’anno, per i danni climatici, quelli alla salute e le spese maggiori per l’energia. Quanto ai posti di lavoro, la somma fra quelli persi nell’industria dei fossili e quelli guadagnati in quella delle rinnovabili, è positiva per 24 milioni. La sola Italia nel 2050 dovrebbe guadagnare 650mila posti di lavoro, e ogni italiano risparmiare 378 dollari l’anno per l’energia e 7.240 per i danni evitati.

In attesa che questa transizione su larga scala si verifichi, c’è molto dibattito su quello che ognuno di noi può fare: c’è chi punta sul mangiare meno carne, chi sulle auto elettriche, chi sul piantare alberi. Per lei cos’è prioritario?

Tagliare i consumi di energia fossile in casa: quindi isolare termicamente l’abitazione, installare pannelli solari e batterie, usare luci ed elettrodomestici ad alta efficienza, cucinare con piastre a induzione e climatizzare con pompe di calore. Cose che non riducono solo le emissioni, ma anche le bollette. Poi vengono i trasporti: comprare un’auto elettrica, o almeno usare poco quella che si ha, sostituendola con mezzi pubblici, bicicletta, camminando o con il car sharing. Bene naturalmente anche consumare meno carne, volare poco e piantare alberi, tutto aiuta…

Una cosa che colpisce dei vostri scenari, però, è che parlate solo di tecnologie, mai di riduzione dei consumi, evitare gli sprechi, riciclare…

I nostri modelli indicano che la transizione si può fare anche senza cambiare gli stili di vita delle persone. Certo, se si moderano i consumi e si ricicla sempre di più, tanto meglio, anche perché bisogna proteggere la biodiversità e l’ambiente, al di là dei soli temi energetici e climatici.

E che ne pensa dell’idea di estrarre CO2 dall’aria, sia per abbassare l’effetto serra, che per utilizzarla per la fabbricazione di combustibili?

Se si vuole rimuovere CO2 molto meglio usare gli alberi, che crescono da soli, usano l’energia solare e hanno tanti altri vantaggi. Farlo con dispositivi industriali è estremamente inefficiente: a ogni passaggio si rimuove solo il 10 % della CO2 in aria, e richiede enormi quantità di energia e materiali. È un vicolo cieco tecnologico.

Molti però temono la distruzione ambientale e l’esaurimento di risorse, legate all’estrazione di materiali rari come il litio, il cobalto o le terre rare, indispensabili per molte tecnologie rinnovabili…

Stiamo scherzando? Ma guardino l’impatto ambientale, l’instabilità geopolitica e i rischi di esaurimento legati ai combustibili fossili e all’uranio! Quelle legate alle tecnologie rinnovabili sono inezie al confronto…

Ma veramente lei crede, di fronte alle enormi resistenze politiche, economiche e anche di tante persone, che temono il cambiamento, che questa complessissima transizione verde possa avvenire, negli ottimistici tempi e modi dei vostri scenari?

Ne sono convinto, anche perché parte di questa transizione l’ho già fatta: ho isolato termicamente la mia casa, installato pannelli solari e pompa di calore per climatizzare, uso trasporti elettrici ed evito di volare il più possibile. Vi garantisco che questo tipo di cambiamenti migliora la qualità della vita, e una volta fatti, non si vuole più tornare indietro.

Ma non tutti se lo possono permettere?

Sono 195 le nazioni che a Parigi nel 2015 hanno promesso di ridurre le emissioni, 61 di compiere la transizione verde entro il 2050, così come 10 stati Usa e 230 città nel mondo. È tempo che mantengano le promesse, spendendo ogni possibile risorsa in modo che tutti, anche chi non ha mezzi, facciano questo passo in tempi brevi, migliorando la propria vita e salvando clima e ambiente del pianeta.

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