Il capacity market e la corsa al gas in Italia: una questione energetica o economica?

Laboratorio Metrologico Ternano

Il capacity market e la corsa al gas in Italia: una questione energetica o economica?

30 Dicembre 2019 Articoli capacity market centrali a gas cicli combinati a gas 0

Il caso della nuova centrale a gas che Edison intende realizzare a Presenzano, al confine tra Campania e Molise, è paradigmatico della corsa degli operatori a realizzare centrali a gas, recuperando progetti vecchi di quasi dieci anni.

Su questo progetto è stata fatta anche un’interrogazione al riguardo.

Nelle ultime settimane i media hanno riportato notizie di nuove aggiudicazioni di gare da parte di Ansaldo Energia (AEN) per la fornitura di turbine GT36.

La notizia è che Ansaldo ha vinto su Siemens per fornire al Gruppo EPH la turbina per la centrale elettrica da 1.140 MW di Tavazzano, in provincia di Lodi. Si tratta della terza commessa vinta da Aen nel 2019, dopo quelle per le centrali a gas di Marghera (VE) e, appunto, di Presenzano, in provincia di Caserta.

Per la centrale di Tavazzano e Marghera, EPH interverrà con un ammodernamento dell’impianto esistente, annunciato anche per Fiumesanto, in Sardegna, in vista dell’annunciato phase out del carbone.

Altra storia per Presenzano, dove la turbina GT36 sarà invece impiegata nella nuova centrale a gas (760 MW) che Edison ha in progetto di costruire con inizio lavori già a gennaio 2020 e da mettere in esercizio entro 30 mesi.

In tutti i casi le centrali a gas vengono presentate come un’opportunità per l’Italia. Il gas, si dice, svolgerebbe un ruolo essenziale nella transizione energetica.

Come abbiamo argomentato in più occasioni, il capacity market ha come effetto collaterale l’allontanamento degli investimenti dalle fonti rinnovabili, (vedi ad esempio su QualEnergia.it).

Inoltre, con il capacity market siamo in presenza di una vera e propria corsa al gas, con diversi operatori che si sono affrettati ad avviare richieste di autorizzazione o a recuperare vecchie autorizzazioni mai realizzate, riducendo solo parzialmente le emissioni di CO2 con una assegnazione di capacità superiore ai 40 GW a fronte di 8 GW di impianti a carbone eliminati.

Tra coloro che hanno tirato fuori dal cassetto vecchi progetti c’è Edison con la già citata centrale di Presenzano. I termini per l’avvio dei lavori e, conseguentemente, di validità dell’Autorizzazione Unica sono stati prorogati più volte. In particolare, con l’ultimo provvedimento di proroga (n. 55/01/2018 PR del 28 dicembre 2018) la validità del decreto n. 55 del febbraio 2011 è stata prorogata al 14 dicembre 2021.

L’iniziativa non è piaciuta ai deputati del M5S Alba Testamento e Antonio Federico che hanno presentato una interrogazione a risposta scritta, ancora aperta.

Abbiamo rivolto a tal proposito alcune domande ad Alba Testamento.

Cosa comportano 10 anni di proroga per un progetto? E perché li considerate inaccettabili?

È inaccettabile che si decida di prorogare un’autorizzazione senza tenere conto che, rispetto al 2011, il contesto ambientale e sanitario nell’area è decisamente peggiorato. Presenzano, infatti, è un comune al confine con la Piana di Venafro, dove da anni sono già attivi l’inceneritore di Herambiente di Pozzilli, che brucia 100mila tonnellate di rifiuti all’anno, quello Acea di San Vittore del Lazio con 400mila tonnellate annuali e il cementificio Colacem di Sesto Campano nel quale vengono incenerite, sempre ogni anno, 25mila tonnellate di rifiuti.

Criticità sanitarie sono state certificate già nel febbraio 2017 grazie a uno studio epidemiologico preliminare condotto dall’Istituto di Fisiologia Clinica del CNR di Pisa e dalla Direzione Generale della Prevenzione Sanitaria del Ministero della Salute che, proprio sulla base dei dati emersi dallo studio preliminare, ha informato la Regione Molise della necessità di avviare un’indagine epidemiologica più approfondita. Il livello di Pm2,5 nella Piana molto spesso è oltre i limiti di legge. Dal 18 novembre si è registrato lo sforamento dei valori per dieci giorni consecutivi, addirittura punte di 46 ug/m3 a fronte di un limite massimo di 25 ug/m3, limite che dal 1° gennaio 2020 scenderà addirittura a 20 ug/m3.

Con delibera della Giunta della Regione Campania n. 103 del 19 marzo 2019 è stata formalizzata l’intesa con il Ministero dello Sviluppo Economico in merito alla variante di progetto della centrale. A cosa si riferisce la variante e cosa comporta?

Rispetto al progetto originario, la variante riguarda l’installazione di un sistema catalitico di riduzione degli ossidi di azoto e un generico adeguamento alle migliori tecnologie disponibili, due modifiche che hanno indotto la Giunta Regionale della Campania ad affermare nell’atto di intesa col MiSE che il nuovo assetto della centrale “appare migliorato rispetto alla prima versione”.

Nel 2017 l’ex Ministro dell’Ambiente Galletti aveva ritenuto di non dover assoggettare il nuovo progetto a una nuova valutazione di impatto ambientale, formulando in alternativa delle prescrizioni in capo alla società Edison. Come si fa a considerare migliorative le modifiche al progetto senza che le stesse siano sottoposte a una nuova VIA? Il contesto ambientale rispetto al 2011 è cambiato, con la presenza di molteplici fattori inquinanti; ed è rispetto ad essi che occorrerebbe valutare l’incidenza dell’impianto nell’area, oltre che in considerazione delle problematiche sanitarie che avevo accennato prima.

Quali iniziative hanno intrapreso le comunità locali? Si sono costituiti dei comitati?

Comitati di liberi cittadini si sono attivati per chiedere la valutazione di impatto sanitario e si stanno avvalendo di professionalità di comprovata esperienza, al fine di mettere a punto un dettagliato dossier per la prossima conferenza dei servizi e ribadire la loro ferma contrarietà all’impianto. Nei giorni scorsi, assieme ai sindaci dei comuni interessati dalla costruzione della centrale, ho chiesto al Ministro dell’Ambiente Sergio Costa un incontro. Intanto va avanti l’attività di sensibilizzazione dei cittadini.

In quale modo a vostro avviso tale iniziativa contrasta con il piano di riduzione delle emissioni?

Quando si ha a che fare con impianti di questo tipo, quindi anche con quello di Presenzano, si dichiara solo il rendimento che verrebbe generato dall’impianto in caso di suo utilizzo alla massima capacità, omettendo di considerare il rendimento che si ha in caso di loro sfruttamento in misura del 30-50% inferiore della potenza nominale, come di fatto sempre avviene. L’utilizzo parziale della potenza installata comporta maggiori consumi per kWh prodotto e quindi maggiore emissione di CO2.

Questi investimenti, quindi, non sono giustificati dai rendimenti e sembrano, nel caso di Presenzano, rispondere a delle logiche del tutto lontane dall’effettiva esigenza di garantire il fabbisogno energetico in caso di imprevisti visto che le sette regioni meridionali hanno attualmente una produzione di energia elettrica di gran lunga superiore a quanta ne consumano: 90,9 contro 72,9 TWh. Se il surplus energetico è così notevole perché mettere frettolosamente all’asta ben 5.400 MW di nuova capacità attraverso il sistema del capacity market? Perché riconoscere ai vincitori delle aste condotte da Terna un premio, un incentivo in cambio dell’obbligo e della garanzia di copertura dei carichi imprevisti quando a questi ultimi si può ovviare con l’energia già prodotta e disponibile?

Qual è la sua posizione rispetto al capacity market?

Il capacity market è un sistema che è nato a livello europeo per ammodernare le vecchie centrali e favorire il passaggio alle tecnologie verdi, ma in Italia si sta trasformando in una pratica per mantenere in vita capacità produttive risalenti al decennio 2000-2010, peraltro scarsamente utilizzate come riportato anche dai dati di Terna e dalle dichiarazioni ufficiali dei singoli impianti, oppure per costruire nuove infrastrutture a ciclo combinato, con il gas come fonte principale. Parlare, quindi, di transizione energetica in caso di costruzione di questi impianti a ciclo combinato è irrispettoso nei confronti dei cittadini, perché la vera transizione energetica si fa con le rinnovabili.

Riguardo al gas, ormai è consapevolezza collettiva che la domanda sia in calo strutturale, grazie al ricorso alle rinnovabili e all’efficienza energetica, e che ci sia un suo sottoutilizzo. Bisogna essere chiari: il gas è responsabile del 20% delle emissioni globali di CO2, è una fonte fossile ad alte emissioni e se vogliamo concretamente combattere i cambiamenti climatici non si può continuare a incoraggiare, con premi e incentivi, la costruzione di impianti come quello di Presenzano.

Qual è la posizione del M5S e della maggioranza di governo?

L’obiettivo del governo e della maggioranza è quello della decarbonizzazione dell’economia, della progressiva riduzione delle emissioni di CO2 e dei sussidi ambientalmente dannosi. Su quest’ultimo aspetto è notizia di qualche giorno fa che sarà istituita presso il Ministero dell’Ambiente un’apposita commissione di studio. È chiaro che sui temi energetici e ambientali è arrivato il momento di imprimere una svolta, perché non si può continuare a considerare il gas come una fonte pulita, facendolo diventare il dominus del mercato delle capacità. Non è pensabile che ciò possa continuare ad accadere, soprattutto se teniamo conto che le linee guida europee dicono l’esatto opposto e cioè che il capacity market deve essere valutato sulla base della graduale eliminazione degli incentivi ai combustibili fossili.

Dopo il carbone c’è spazio solo per le rinnovabili e in mezzo non possono esserci finte transizioni energetiche. Su questo occorre uno sforzo congiunto di tutte le forze politiche che sostengono il Governo. Sicuramente l’accoglimento, in sede di conversione in legge del decreto legge “Clima”, di alcuni ordini del giorno presentati dalle forze politiche di maggioranza sulla non conversione delle centrali a carbone in centrali a gas fa ben sperare che il tema continuerà ad essere, con ancora più forza, anche in futuro al centro dell’agenda di governo.

Oltre alle tre centrali citate in questo articolo, va ricordato il Piano di Enel, che prevede la realizzazione di quattro centrali a gas a ciclo aperto per 3,2 GW di potenza in sostituzione delle quattro a carbone di Venezia, La Spezia, Civitavecchia e Brindisi.

Il progetto per il gas alla Spezia può essere considerato con buona ragione tra quelli tirati fuori frettolosamente dal cassetto per cogliere l’occasione del capacity market.

La centrale infatti era già avviata alla chiusura entro il 2021 senza alcuna conversione. Dopo qualche tentennamento iniziale alla Spezia si registra ora un sostanziale accordo tra le forze di maggioranza e opposizione nel rifiutare ogni ipotesi di nuova centrale elettrica.

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